Quando si parla di lingue strane, non si può prescindere dal menzionare un caso davvero unico e peculiare ben conservato nel cuore dell’Europa: la lingua basca. Questo idioma, infatti, ha suscitato e suscita ancora il profondo interesse di tanti linguisti a causa delle sue origini sconosciute. Pur essendo stato influenzato dallo spagnolo e dal guascone, così come da altre lingue, il basco risulta ancora un affascinante mistero: completamente diverso da tutte le altre lingue indoeuropee (di cui infatti non fa parte), non si è ancora riusciti a trovare un idioma con cui abbia un’effettiva parentela. Per questo in linguistica il basco viene solitamente indicato come una lingua “isolata”.
Date alcune delle sue affinità con alcune lingue distribuite tra l’Eurasia e il Nord America, il basco è spesso classificato nella famiglia delle lingue dene-caucasiche, di cui ad esempio fa parte anche il ceceno. Sebbene questa classificazione non sia universalmente riconosciuta, l’ipotesi sta comunque acquisendo sempre più fondatezza anche a seguito di ricerche genetiche volte proprio a scoprire le origini di questo enigmatico idioma.
Le stranezze del basco partono dalla sua posizione geografica: i suoi parlanti (poco meno di un milione attualmente) sono infatti localizzati in una zona montuosa intorno ai Pirenei, tra Spagna e Francia. Ma pur trovandosi circondato da lingue indoeuropee (per di più romanze), questo idioma non ha niente a che vedere con questa famiglia linguistica, differenziandosi sia per struttura grammaticale che per lessico.
Grammaticalmente parlando, infatti, la lingua basca è considerata una lingua ergativo-assolutiva, ossia una lingua che “tratta diversamente” il soggetto di un verbo transitivo (meglio definito come agente) e che invece “associa” il soggetto di un verbo intransitivo e l’oggetto di un verbo transitivo. Per capire meglio questa caratteristica prendiamo ad esempio il latino (soltanto perché l’italiano non utilizza più le declinazioni; altrimenti il discorso varrebbe anche per la nostra lingua): nelle lingue nominativo-accusative come il latino, l’agente (A) del verbo transitivo e il soggetto (S) del verbo intransitivo sono entrambi al caso nominativo, mentre l’oggetto (O) del verbo transitivo è al caso accusativo. Quindi A = S ≠ O.
Nelle lingue ergativo-assolutive come il basco, invece, il soggetto (S) del verbo intransitivo e l’oggetto (O) del verbo transitivo sono entrambi al caso assolutivo (praticamente corrispondente al nominativo), mentre l’agente (A) del verbo transitivo è al caso ergativo. Pertanto S = O ≠ A. L’ergatività dell’agente in basco di solito si manifesta con una desinenza -k, mentre il caso assolutivo (come avviene spesso per il nominativo) non presente alcuna desinenza specifica.
Un’altra peculiarità che contraddistingue il basco, e che si ritrova soltanto in alcune lingue caucasiche e nell’ungherese (quindi lingue non indoeuropee), è la concordanza polipersonale: in pratica, l’ausiliare, quasi sempre presente con i principali verbi, si accorda non solo al proprio soggetto, ma anche a qualsiasi altro oggetto, diretto o indiretto, della frase. Tra l’altro il verbo ausiliare, anche qualora ridondante nella frase, è sempre espresso, persino nella lingua parlata, al contrario dei pronomi che, invece, servono quasi esclusivamente a dare enfasi a ciò che si sta dicendo.
Per chi fosse interessato ad approfondire o imparare questa lingua così diversa, l’Associazione Culturale Euskara organizza tanti eventi e corsi, tra cui uno anche via internet.
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