10 Dicembre 2012
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Quando si parla di lingue strane, non si può prescindere dal menzionare un caso davvero unico e peculiare ben conservato nel cuore dell’Europa: la lingua basca. Questo idioma, infatti, ha suscitato e suscita ancora il profondo interesse di tanti linguisti a causa delle sue origini sconosciute. Pur essendo stato influenzato dallo spagnolo e dal guascone, così come da altre lingue, il basco risulta ancora un affascinante mistero: completamente diverso da tutte le altre lingue indoeuropee (di cui infatti non fa parte), non si è ancora riusciti a trovare un idioma con cui abbia un’effettiva parentela. Per questo in linguistica il basco viene solitamente indicato come una lingua “isolata”.

 Lingue Dene-caucasiche

Date alcune delle sue affinità con alcune lingue distribuite tra l’Eurasia e il Nord America, il basco è spesso classificato nella famiglia delle lingue dene-caucasiche, di cui ad esempio fa parte anche il ceceno. Sebbene questa classificazione non sia universalmente riconosciuta, l’ipotesi sta comunque acquisendo sempre più fondatezza anche a seguito di ricerche genetiche volte proprio a scoprire le origini di questo enigmatico idioma.

 

Le stranezze del basco partono dalla sua posizione geografica: i suoi parlanti (poco meno di un milione attualmente) sono infatti localizzati in una zona montuosa intorno ai Pirenei, tra Spagna e Francia. Ma pur trovandosi circondato da lingue indoeuropee (per di più romanze), questo idioma non ha niente a che vedere con questa famiglia linguistica, differenziandosi sia per struttura grammaticale che per lessico.

 

Grammaticalmente parlando, infatti, la lingua basca è considerata una lingua ergativo-assolutiva, ossia una lingua che “tratta diversamente” il soggetto di un verbo transitivo (meglio definito come agente) e che invece “associa” il soggetto di un verbo intransitivo e l’oggetto di un verbo transitivo. Per capire meglio questa caratteristica prendiamo ad esempio il latino (soltanto perché l’italiano non utilizza più le declinazioni; altrimenti il discorso varrebbe anche per la nostra lingua): nelle lingue nominativo-accusative come il latino, l’agente (A) del verbo transitivo e il soggetto (S) del verbo intransitivo sono entrambi al caso nominativo, mentre l’oggetto (O) del verbo transitivo è al caso accusativo. Quindi A = S ≠ O.

Nelle lingue ergativo-assolutive come il basco, invece, il soggetto (S) del verbo intransitivo e l’oggetto (O) del verbo transitivo sono entrambi al caso assolutivo (praticamente corrispondente al nominativo), mentre l’agente (A) del verbo transitivo è al caso ergativo. Pertanto S = O ≠ A. L’ergatività dell’agente in basco di solito si manifesta con una desinenza -k, mentre il caso assolutivo (come avviene spesso per il nominativo) non presente alcuna desinenza specifica.

Un’altra peculiarità che contraddistingue il basco, e che si ritrova soltanto in alcune lingue caucasiche e nell’ungherese (quindi lingue non indoeuropee), è la concordanza polipersonale: in pratica, l’ausiliare, quasi sempre presente con i principali verbi, si accorda non solo al proprio soggetto, ma anche a qualsiasi altro oggetto, diretto o indiretto, della frase. Tra l’altro il verbo ausiliare, anche qualora ridondante nella frase, è sempre espresso, persino nella lingua parlata, al contrario dei pronomi che, invece, servono quasi esclusivamente a dare enfasi a ciò che si sta dicendo.

Per chi fosse interessato ad approfondire o imparare questa lingua così diversa, l’Associazione Culturale Euskara organizza tanti eventi e corsi, tra cui uno anche via internet.

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