Una delle problematiche più frequenti per chi decide di studiare una lingua straniera è legata al lungo e tortuoso percorso di acquisizione e corretta riproduzione di sonorità diverse – proprie di ciascuna lingua – e dell’applicazione sistematica delle rispettive regole di pronuncia. Non di rado, infatti, capita che gli studenti (si) pongano la domanda “ma perché questa parola non si pronuncia come si scrive“? Sicuramente anche a voi sarà capitato di chiedere o di sentir qualcun altro porre questa domanda, magari proprio al prof. di inglese del liceo. In genere la questione viene risolta con un semplice “la lingua non è fonetica”, risposta evidentemente ritenuta sufficiente a chiarire ogni qualsiasi altro dubbio in merito. Quello che, invece, non viene quasi mai spiegato, è il perché quella lingua si scriva e si pronunci in quel modo. Quanti di voi sanno, ad esempio, che l’inglese non è sempre stato una lingua non-fonetica e che, ad esempio, fino all’epoca di Shakespeare la parola “night” non si leggeva “nait” ma veniva pronunciata esattamente come si scriveva (cioè nigt)?
Le lingue maggiormente parlate nel mondo, infatti, hanno una storia ben specifica, iniziata secoli fa, che ne ha causato l’evoluzione e lo sviluppo fino a raggiungere la forma e i suoni che conosciamo oggi. Per questo motivo, tutte le lingue che non sono né artificiali, ossia costruite a tavolino dai linguisti (es. l’esperanto), né ricostruite dall’analisi comparativa fra più lingue (come l’indoeuropeo), vengono definite lingue storiche, essendosi sviluppate in specifiche aree geografiche grazie al contatto con altre lingue o altre culture e/o in modo autonomo.
Ogni lingua moderna, infatti, è figlia di una lingua madre che le ha trasmesso, per così dire, i “caratteri genetici” di base; per rendersi conto di come i rapporti tra le lingue siano fondati sul principio madre-figlia basta pensare, ad esempio, al meltin pot culturale che ha generato l’inglese americano dalla lingua madre britannica o all’evoluzione autonoma che ha trasformato il latino nel volgare italiano che tutti noi parliamo oggi. L’inglese americano, infatti, è nato qualche secolo fa dell’inglese britannico, a sua volta generato dall’anglosassone, fondendo diverse culture e subendo una notevole influenza dalle rispettive lingue parlate sul territorio, È un po’ come dire che l’americano è figlio dell’inglese e nipote dell’anglosassone che, in quanto figlio della stessa lingua madre germanica, risulta tutt’oggi parente stretto del tedesco. Ecco perché tedesco e inglese – in qualsiasi variante geografica – risultano parzialmente affini. Allo stesso modo, l’italiano, pur se diretto discendente del latino, non è molto distante dalle altre lingue da questo derivate (le cosiddette lingue romanze) come, ad esempio, il francese o lo spagnolo, il che chiarisce il motivo per cui noi italiani non facciamo più fatica a imparare il tedesco piuttosto che lo spagnolo.
A ciò si aggiunge il fatto che, al di là del contatto con altre culture, tutte le lingue, esattamente come tutte le specie viventi, siano soggette ad una inevitabile evoluzione naturale. Nonostante l’inglese americano sia profondamente diverso da quello britannico, lo stesso inglese attualmente parlato nel Regno Unito è completamente diverso da quello che si parlava nelle isole britanniche cinque secoli fa; in questo breve lasso di tempo, infatti, la lingua ha subito delle notevoli semplificazioni e delle significative variazioni nella pronuncia che l’hanno distanziata enormemente dal cugino tedesco. Similmente, anche se l’italiano condivide molte strutture grammaticali e buona parte del lessico con il francese, le due lingue si sono evolute in modo autonomo sulla base della cultura condivisa dai rispettivi parlanti.
Volendo ridurre ai minimi termini le problematiche di sviluppo linguistico delle lingue, si nota come ogni lingua subisca sia un processo di evoluzione naturale nel tempo che uno sviluppo singolare dovuto al contatto con altre lingue e culture, i quali possono portare a situazioni linguistiche a dir poco paradossali. La storia dell’inglese americano fa sì che la sua variante orientale (ossia l’inglese che si parla, ad esempio, a New York) pur se evoluta e moderna, risulti molto più simile all’inglese del ‘600, secolo in cui i Padri Pellegrini misero piede per la prima volta su suolo americano, rispetto all’inglese che si parla oggi in Inghilterra. Ciò è dovuto al fatto che, una volta “esportato” in America, l’inglese britannico, non essendo più parlato nel suo contesto culturale e geografico, ha, per così dire, interrotto la sua naturale evoluzione dando vita ad una nuova lingua che ha iniziato a sua volta a svilupparsi e ad evolversi in modo particolare. L’inglese britannico, invece, ha proseguito la propria evoluzione storica trasformandosi dalla lingua di Shakespeare a quella che oggi parlano i sudditi di Sua Maestà.
Anche l’italiano, da questo punto di vista, ha conosciuto una storia simile; anche se oggi la lingua ufficiale parlata nel nostro Paese deriva dal volgare italiano nella sua variante toscana, è pur vero che per ragioni storiche e geografiche la lingua italiana dovrebbe coincidere con il diretto discendente del latino in Italia, ossia il dialetto romano. Tuttavia, è necessario precisare che i dialetti attualmente parlati in Italia, anche se simili all’italiano, sono a modo loro delle lingue derivate dal contatto del latino con altre culture e altre lingue. Inoltre, ciascuno di questi dialetti deve poi essersi evoluto autonomamente andando a formare delle micro-lingue distinte dal volgare italiano, per cui risulta difficile stabilire quale sia, effettivamente, la vera lingua italiana, ed è difficile carpirsi con chi sa parlare solo in dialetto.
Ogni lingua ha delle sue regole grammaticali, sintattiche e di pronuncia. Ciò non dipende dalla stranezza del popolo che la parla o dall’estrema punizione inferta all’umanità dopo la costruzione della Torre di Babele; più semplicemente, le lingue storiche testimoniano la presenza dell’essere umano su questo pianeta in diverse epoche e aree geografiche. Pertanto, esattamente come per i popoli e le civiltà, si può dire che anche le lingue abbiano una propria storia, un proprio orientamento e una scintilla vitale con cui sono state generate dalla propria lingua madre, ormai persa nel tempo, che non sempre ha lasciato testimonianza scritta della sua esistenza.
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