Facendo una breve ricerca sul web, troverete un sacco di classifiche sulle lingue più difficili da imparare: ovviamente, la difficoltà dipende molto dalla lingua madre di partenza; ma ci sono alcune lingue che sono abbastanza universalmente riconosciute come “ostiche”.
Tra queste figura il polacco, affascinante lingua slava occidentale che utilizza l’alfabeto latino (quello del nostro italiano, per intenderci), arricchito tuttavia da segni diacritici aggiunti a vocali e consonanti e da combinazioni di consonanti (fino a 3 insieme) per rendere graficamente certi suoni particolari tipici della lingua (e per rendere la vita più difficile a chi vorrebbe imparare questa bellissima lingua!).
Facciamo un semplice esempio prendendo uno dei personaggi polacchi più noti al mondo: l’ex papa Karol Wojtyla. Ecco, la grafia che ho appena usato e la pronuncia a cui noi italiani siamo stati abituati sono in realtà errati. Il “vero” cognome del papa era: Wojtyła, con un trattino a tagliare la “l”. Quel trattino sta a significare che quella “l” non è propriamente una “l”, ma piuttosto un suono simile alla “u” della parola italiana “uomo”. Inoltre, la “y” non equivale esattamente alla nostra “i”, ma ha un suono molto più breve (come per la “i” monosillabica inglese). Quindi la corretta pronuncia sarebbe qualcosa di simile a “Voit’ua“.
La pronuncia, tuttavia, non è che uno degli aspetti problematici di questa lingua. Un altro problema che si pone quasi immediatamente quando si impara il polacco è rappresentato dal sistema numerico. Questo problema è principalmente legato al fatto che anche in polacco, come in tante altre lingue, si utilizzano le declinazioni (come in latino) e si contano 7 casi: nominativo, genitivo, accusativo, dativo, strumentale, locativo e vocativo. Il vero rebus sta nel fatto che i numeri non solo seguono una declinazione a seconda di genere, numero e funzione all’interno della frase, ma hanno persino regole “particolari” che anche dopo anni e anni di studio di questa lingua rimangono ancora difficili da “azzeccare” al primo tentativo.
Dopo essersi messi l’anima in pace con la declinazione dei numeri (ovvero, dopo aver rinunciato a utilizzarli correttamente), si presenta subito un altro problema: il plurale. Capire come funziona il plurale in polacco non è davvero facile, perché entrano in gioco delle particolarità che non ci immagineremmo mai. Senza entrare nei dettagli, basterà dire che la distinzione al plurale non è semplicemente tra maschile, femminile o neutro, ma anche tra virile e non-virile. Con l’aggiunta, ovviamente, di un’infinità di casi particolari in cui la regola generale che avete imparato con tanta fatica non vale…
Dopo essersi messi l’anima in pace anche con la formazione del plurale, e presumendo che abbiate una memoria di ferro che vi assiste con il vocabolario (che, naturalmente, è pieno zeppo di parole difficilissime sia da pronunciare che da ricordare), arriverete a un punto in cui non potrete prescindere dall’utilizzo delle preposizioni. Come i numeri, le preposizioni vanno di pari passo con le declinazioni. Prima ancora di affrontare il problema di quale caso sia più giusto da utilizzare, vi ritroverete davanti a una vasta scelta di preposizioni: secondo alcune grammatiche di lingua polacca, se ne contano addirittura 80! Tanto per spaventarvi ancora un po’, facciamo un esempio generico. Per esprimere la frase “vado a…” pensate bene a cosa andrete a mettere dopo quella “a”: la preposizione, infatti, cambia a seconda se il luogo in cui andate è al mare, in montagna, verso un luogo chiuso, ecc. Ovviamente, secondo la preposizione che tradurrà quel “vado a”, sarete obbligati a utilizzare un determinato caso invece di un altro.
Avete già mal di testa? Allora, prendetevi un bell’analgesico perché la questione si fa ancora più intricata con l’introduzione dei verbi. Per prima cosa, i modi e i tempi verbali non sono di praticissimo utilizzo: infatti, già solo capire a quale classe appartenga un verbo non è così diretto come potrebbe essere in italiano con i famosi -are, -ere, -ire. A complicare ancora di più la faccenda c’è anche la presenza di due aspetti verbali tipici delle lingue slave, chiamati perfettivo e imperfettivo: in pratica, uno indica un’azione compiuta, l’altro un’azione ancora incompiuta. E tutto questo senza tener conto della difficoltà di memorizzare le desinenze verbali, che sono almeno tante quante ne abbiamo in italiano (quindi veramente tante!).
Ulteriore fonte di “mal di testa” sta, ancora una volta, nella scelta del verbo da utilizzare. Esistono, per esempio, 38 diverse varietà per esprimere l’azione di “bere“, a seconda di cosa bevete, come la bevete, perché la bevete, ecc. Stesso discorso (ma molto peggio, per certi versi) per i verbi che traducono il nostro “andare” e tutti i verbi di moto (tornare, viaggiare, guidare, ecc.): prima ancora di affrontare la questione della preposizione “a” (vedi paragrafo sopra), avrete la “fortuna” di poter scegliere tra almeno 6 varianti che spaziano dal mezzo utilizzato alla destinazione finale.
Dopo avervi terrorizzato con tutti gli aspetti che rendono difficili questa lingua, vediamo quali caratteristiche danno un piccolo sospiro di sollievo (forse): assenza totale di articoli (rimpiazzati dalle declinazioni) e del congiuntivo, nessuna distinzione fra passato prossimo e passato remoto, facilità di formazione del condizionale.
Se queste caratteristiche non vi hanno tirato un po’ su di morale, sappiate che non è necessario conoscere e utilizzare tutte queste regole alla perfezione per farvi capire: io ho vissuto in Polonia per un intero anno e non ho avuto alcun problema a interagire con la popolazione locale, pur con il mio striminzito vocabolario e la mia traballante grammatica. I polacchi, infatti, sono estremamente disponibili a “perdere tempo” per cercare di capire cosa state maldestramente tentando di esprimere e saranno più che lieti di correggervi e darvi qualche consiglio su come dire certe cose. Diciamo che apprezzano davvero il vostro sforzo!
Comments
aldo
complimenti hai descritto tutto in maniera sublime. abito a berlino e studio il polacco da tre anni. nessuno avrebbe potuto spiegare meglio di come hai fatto te.se un giorno tu venissi a berlino fatti viva.ciao aldo p.s.meno male che ti sei dimenticata il locativo.o forse hai voluto risparmiare un eventuale sconosciuto che si appresta ad imparare questa meravigliosa lingua
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